Wednesday, September 16, 2009

L'orgasmo vocale: venire a parole

Stasera la mia dirimpettaia si è esibita in un interessante simulazione di orgasmo vocale alla Harry ti presento Sally.

A dire la verità, sembrava più il doppiaggio scadente di un finto porno amatoriale, il che è tutto dire, ma devo ammettere che ci ho messo un po’ a capire che stava solo scherzando con i suoi amici, tanto che mi sono affacciata alla finestra per cercare di capire chi godesse così rumorosamente. D’altra parte, ci sono anche donne che non sanno simulare in modo abbastanza convincente o che semplicemente godono in maniera estremamente irritante.

Urlava “ancora, ancora, ancora” e “di più, più forte, di più”, inframezzati da una melodia degli immancabili gemiti ohhhhh e ahhhh.

Mi sono chiesta perchè certe donne debbano essere logorroiche anche quando scopano. Io adoro le parole, ma non riuscirei mai a dire certe parole.

Preferisco la volgarità asciutta e perentoria di scopami, pronunciare un flusso di parole illogiche o confessare qualche voglia irruenta. La maggior parte delle volte non riesco proprio a parlare nel senso compiuto del termine, come se la mia lingua si tenesse forte al palato e le mie corde vocali si stringessero tra loro, sconvolte da quello che sta succedendo sotto di loro, intorno a loro, e mi limito a produrre gorgheggi di godimento. Rochi. Profondi. Sospirati. Sorpresi.

Ma quell’ancora e quel di più mi sembrano lo slogan scontato delle offerte-convenienza al supermercato, che mi si incagliano in gola come una menzogna. Come i sì a ripetizione che sembrano prodotti da qualcuno che si è addormentato sulla tastiera. Come i più forte che un aguzzino un aguzzino urla al suo schiavo migliore. Alle mie orecchie sono solo frasi pre-registrate di una bambola parlante.

Sono parole così brutte per celebrare un momento così bello come l’orgasmo che mi sembrerebbe di masticare una saponetta se dovessi provare a pronunciarle.

Se proprio ho voglia di esprimermi oralmente mentre scopo, preferisco parlare, conversando sottovoce l’uno nel corpo dell’altro, approfittando di quella vicinanza così visceralmente carnale di due cuori nudi esposti alla verità del godimento. Preferisco la voce spezzata di uno sguardo. Preferisco il gemere sommesso di una carezza. Preferisco il fottere frenetico del respiro.

Come dire: più che alle parole, preferisco venire a fatti.

No comments:

Post a Comment